La città entra in scena superando il confine del palco,
della tradizione e delle aspettative.
Il teatro cerca i suoi spettatori proponendosi all’interno dei luoghi
che spesso sono celati da serrande chiuse, impalcature e dismissioni che con il passare dei giorni non si osservano più.
Sussurra la bellezza del teatro partecipato che può veicolare messaggi ed esperienze, che incoraggia l’apertura degli spazi
così da ridare vitalità è colore alla città.
Il tema del FRU quest’anno vuole riflettere e portare lo spettatore alla ricerca e alla riscoperta di quel senso di appartenenza che ci contraddistingue filogeneticamente come appartenenti alla medesima specie, il motore alla base di un nostro bisogno viscerale e primordiale: la socialità.
Quante sono le malattie mentali e fisiche che stanno travolgendo le nostre vite e quelle dei nostri vicini
dettate da abbandono e solitudine, che non ci rendono più in grado di sapere chi siamo e dove andiamo?
Bicicletta
due ruote
leggere
due pensieri
rotondi
pieni di luce
per capire la strada
e sapere
dove conduce.
Corriamo senza sapere dove andare dimenticando le nostre radici, la nostra storia, il percorso che lega una generazione alla successiva.
STOP: E’ giunto il momento di inchiodare, fermarsi e ritrovare quel “Terzo Luogo”, fondamentale per la vita
della comunità e che è il germe delle nostre relazioni sociali. Uno spazio neutro privo di gerarchie, che
garantisce una partecipazione senza troppi vicoli o obblighi. Un luogo semplice e accogliente, “una seconda casa” dove sperimentarsi nella costruzione della propria identità.
Come esseri umani abbiamo bisogno di interazioni umane per sopravvivere: il contatto sociale , il sostegno, la partecipazione, elementi dal sapore lontano necessari per guardare al futuro con consapevolezza ritrovata e perché no, a una nuova sfida.
Simbolo di questo FRU è la bicicletta come simbolo di libertà, movimento, incontro e attesa.
“Bicicletta
due ruote
leggere
due parole
rotonde
piene di festa
per parlare col mondo
e sapere
quanto ne resta.”
Chiavi, pinze, cacciaviti. Un’atmosfera densa che profuma di metallo, gomma e grasso per catene. Lo spazio è solo all’apparenza caotico. Ogni centimetro è occupato da attrezzi, ruote, telai cerchi, sellini, catene, pedali e manubri.
La vecchia radio impolverata che gracchia musica di sottofondo non copre la voce della rivoluzione popolare accompagnata dal ticchettio dell’ingranaggio a ruota libera e dal rumore dell’aria mossa dalle ruote che girano, girano, girano come il mondo. Quante storie si nascondono in quel tempo immutato? È come se ogni bici passata di lì avesse lasciato un segno, una memoria, una confidenza fatta a quell’uomo silenzioso con lo sguardo basso che ogni giorno alza e abbassa la stessa serranda.
Non ci conosciamo più, non sappiamo più il nome delle persone che servono le nostre vite, segnando a volte un cambiamento profondo nel modo un cui viviamo e interagiamo. Tutte le preziose interazioni umane fatte di confidenze, consigli e anche semplici chiacchiere si stanno perdendo nella velocità e nell’efficiente comodità dei servizi digitali. Che cosa ci stiamo perdendo? Non solo nomi e storie, ma anche quel prezioso spazio che sovrappone lavoro e vita.
Fermati dal meccanico, curiosa nella sua vita, tra le sue cose, potrebbe raccontarti storie sorprendenti. Ma anche un semplice “mandi, cemût stâtu?” che a volte può bastare.
Cos’è l’aspettare?
Forse l’atto tragico del non sapere, del tempo lasciato sospeso da chi è partito e non è tornato. Noi non ricordiamo più cosa significhi attendere, vivere il tempo vuoto, il silenzio. Fatichiamo a rimanere nei nostri pensieri, e quando ci sopraffanno restiamo travolti da una solitudine senza precedenti.
Qui l’attesa è tempo prezioso, tempo dedicato e donato che sta tra lo scrivere e il leggere, maglia fondamentale di una catena senza sosta: scrivere, spedire, attendere, leggere, stupirsi e scrivere di nuovo.
Attesa condivisa con quel “terzo luogo” appena fuori dalla porta di casa: il cortile, la panchina sulla strada. L’attesa condivisa del suono di una voce, emozionata e trepidante che dalla strada risuona fin nel cortile, una voce che sembra sapere, sembra condividere la stessa emozione. “il postino! È arrivato il postino!”
Chiara sta aspettando. Donale il prezioso tempo dell’ascolto che di solito trova nelle vicine di casa. Sarà più facile aspettare assieme.
Donne agghindate che profumano di sapone alla lavanda, uomini con il pettine nel taschino della giacca, spagnoles te sachete, la molletta nei pantaloni, l’emozione e l’attesa di quell’incontro. Qui non esiste differenza tra giovani e anziani: tutti ascoltano la stessa musica, con i suoi ciclici cambiamenti generazionali, fatti di passato e novità, che si alternano in un unico ballo. Una realtà popolare, di paese: sulle tavole di legno c’è chi balla, chi rimane seduto a osservare, chi è ciò che vuol essere e chi è quello che non è. È qui che i colori del genere umano si incontrano in tutte le loro sfumature e si mischiano creando vita.
La terrazza di via Piave, nei primi anni ’30, era una balera a cielo aperto. Vi immaginate che belle serate d’estate, con la musica che riempiva le strade, le camicette leggere, l’imbarazzo di quel primo ballo, quando c’erano solo sguardi e parole a connettere le persone?
Buttati, è il tuo momento! C’è un giradischi che ti aspetta, scegli la tua canzone. Vivi questo incontro in ogni sua nota.
Un vecchio cinema che odora di fumo, luogo di appuntamenti dal sapore nostalgico, di piccoli rituali, abitudini cariche di emozioni. Ad ogni proiezione una nuova sorpresa.
Le luci si abbassano, lentamente si spengono le risate, i sussurri riempiono la sala. Poi con il buio arriva, impetuoso e impertinente, il fascio di luce del proiettore che illumina lo scherno sagomando ombre in platea.
Spazio affollato, perché quella proiezione era un’occasione, un desiderio, una scusa, un terzo luogo fatto di scambi, occasioni e discussioni.
I nostri tempi, vissuti a ritmi frenetici, ci fanno perdere ancora una volta esperienze di collettività e ritualità e il valore di quell’incontro, di quell’attesa, si disperde tra la polvere sospesa di un cinema vuoto ogni volta che preferiamo l’esperienza più solitaria e protettiva della nostra casa.
Chi c’era allora in cabina di proiezione? Uomini spesso con le mani sporche di polvere e olio, che con la stessa cura di un artigiano davano vita allo spettacolo che ha incantato il mondo: il cinema.
Guarda! Ce n’è uno che sta uscendo proprio ora da laggiù! È un tipo silenzioso e riservato che dalla sua piccola cabina ha visto molte cose, e saprà farti immergere nelle sensazioni di quel cinema che arriva dal passato.
Un luogo non ancora definito dove entrare, spogliarsi da tempo e spazio ormai consumati. Buio primordiale dove strumenti diversi sperimentano orbite, cercando un possibile dialogo tra linguaggi fatti di suono, esplorando galassie di pianeti che orbitano armonizzati tra di loro. La batteria, primo battito di un mondo sonoro che nasce, cresce allungandosi con rami rigogliosi come corde di chitarra, esplode in una gioiosa fioritura tra i tasti del pianoforte. Poi lentamente tutto torna al buio silente, così che da quelle ceneri nuovi delicati mondi trovino la linfa per nascere, crescere e morire di nuovo fino all’arrivo dell’inevitabile silenzio che tutto tacita, lasciando il tempo di decantare, di assimilare. Non morte definitiva ma riposo, parte essenziale di questo mondo tondo come una ruota che sempre gira e magicamente sempre si rigenera nell’infinita ricerca del suono perfetto.
Entra nella sala prove, lasciati trasportare da luci e suoni, guidare nel tuo mondo interiore, connettiti con un mondo appena nato che ti offre il suo abbraccio
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L’Associazione Culturale Ottagono nasce per rendere questo spazio un originale punto di incontro e di confronto tra pubblico, artisti e realtà territoriali. La sala principale ospita le attività di teatro e circo della Scuola di Musica Città di Codroipo, ma anche corsi e workshop tenuti da artisti e professionisti. La nostra sala prove, invece, accoglie quotidianamente numerosi gruppi musicali provenienti da tutta la regione.
Negli anni abbiamo realizzato anche eventi in collaborazione con altre Associazioni e, in diverse occasioni, artisti hanno tratto ispirazione delle caratteristiche dello spazio per mettere a punto i loro progetti.
Ottagono è uno spazio unico nel suo genere, un gioiello del nostro territorio, una risorsa e un’opportunità per la comunità.
Il simbolo dell’associazione è un ottagono giallo con la scritta ON.
Un interruttore che rappresenta il nostro desiderio di dare vita a qualcosa di importante.